Cindy Sherman. Biografia

Cindy Sherman è nata nel New Jersey, ha studiato pittura allo State University College di Buffalo, nello stato di New York. Grazie ai suoi compagni di studi, tra i quali il pittore Robert Longo, scopre la fotografia attraverso documentazioni che registravano la produzione di performance e di arte concettuale.
Comincia così ad interessarsi all’opera di Gilbert and George, John Baldessari, Duane Michals, William Wegman e Eleanor Antin.
Nel 1975, nelle cinque immagini di Untitled A-E (o, come nelle circa venti serie realizzate in seguito in cui la messa in scena è destinata solo alla fotografia), trasformata dal trucco e dagli abiti, la Sherman incarna diversi personaggi, soprattutto una giovane e un clown. La figura del clown, che ricorre frequentemente in questa mostra, associata alla maschera, all’infanzia e al divertimento, ma anche alla regressione e alla mostruosità, dà la misura del rapporto costantemente giocato da Cindy Sherman tra l’artista e il “soggetto”.
Questo scarto, che dà allo spettatore la libertà di articolare e completare la storia dei personaggi che lei incarna, attraversa e rende singolare tutta la sua opera. Anche il suo percorso si ispira non alla tradizione dell’autoritratto, ma a quella del cambiamento di identità, inaugurata da Marcel Duchamp, portata qui alla dimensione di una riappropriazione critica delle apparenze sessuali e sociali.
Offrendosi come specchio e modello ai suoi contemporanei, Cindy Sherman analizza le definizioni dell’apparenza e del genere dettate dai moderni media. Sola a comparire nelle sue fotografie, ci rimanda alla fragilità del sé di fronte ai meccanismi di identificazione e di riconoscimento sociale. 
Questa importante mostra propone, per serie successive, un percorso cronologico e rappresenta un’occasione da cogliere per conoscere in modo approfondito il lavoro dell’artista americana. Per cominciare sono presentate le fotografie delle serie Bus Riders e di Murdery Mysteryrealizzate nel 1976 e stampate tra il 2000 e il 2005. Il principio del travestimento, per una performance unicamente destinata ad una “registrazione “ fotografica viene qui confermato.
La composizione in serie delle immagini permette di identificare un genere all'interno di un progetto più vasto, una situazione di vita quotidiana in Bus Riders, oppure un film noir in Murdery Mystery.
Nel 1977, l’arrivo a New York di Cindy Sherman e Robert Longo coincide con la presentazione di Untitled Film Stills. In questi 70 clichés in bianco e nero, scattati da lei stessa o da amici, Cindy Sherman imita i fotografi dell’ambiente del cinema Hollywoodiano degli anni ’50.
Interpreta delle microsituazioni che lo spettatore può collegare a delle finzioni perché, come nelle sei prime fotografie della serie, si ritrova lo stesso personaggio nelle diverse immagini. L’insieme, non sprovvisto di nostalgia, rimanda alla diffusione su grande scala, dal cinema alla stampa, di modelli femminili presentati come miti e implicitamente destinati a definire insieme la femminilità e il desiderio che suscita.
L’opera della Sherman tocca allora da vicino le problematiche della rappresentazione della donna, tema sviluppato da numerose artiste femministe americane come Adrian Piper o Hannah Wilke.
La serie Rear Screen Projections (1980), nella quale la Sherman si fotografa davanti a diapositive proiettate, segna l’apparizione del colore e cita l’universo televisivo.
La serie Centerfolds/Horizontals (1981) è il risultato della commissione di un portfolio da parte della rivista Artforum. L’inquadratura orizzontale è chiusa su figure spesso allungate, destinate ad essere riprodotte su doppia pagina, ricalcata sui modelli delle riviste fashion. L’apparenza vulnerabile e la posizione delle donne rappresentate hanno provocato pareri talmente contrastanti all’interno della rivista che le fotografie non vennero mai pubblicate. 
Nella serie Pink Robes(1982), le figure sedute riprese frontalmente rappresentano modelle durante una pausa tra due riprese. Esse indossano quasi tutte un vecchio accappatoio di ciniglia rosa, lontano da ogni fantasia e immagine glamour o sexy. Le immagini Untitled #102-#116 (1982) rappresentano personaggi di una normalità voluta, illuminati in modo teatrale, che la Sherman ha usato come test per l’utilizzo del colore.
Nella serie Fashion, Cindy Sherman risponde a quattro committenti: una proprietaria di negozi per la rivista Interview, nel 1983, la boutique Dorothée bis per Vogue, nel 1984, Harper's Bazaar, nel 1993, e la casa di moda giaponese Comme des garçons, nel 1994.
La moda è il dominio allo stesso tempo di uno scambio tra l’immagine di sé e i codici dell’apparire, e Cindy Sherman impara queste regole a modo suo, producendo immagini disturbanti e talvolta morbose, in contrapposizione alla pratica dominante della stampa specializzata.
La serie delle “ Favole” (1985) introduce l'uso di protesi che rimandano sia al mondo dei giocattoli sia a quello della medicina. La Sherman risponde qui alla richiesta della rivista Vanity Fair di creare un servizio sulle favole e sulle paure che queste ultime sono capaci di generare. In “Disastri” (1986-89) l'abietto si sposa col barocco, la dissoluzione organica si associa alla deformità. Queste serie introducono nell'opera della Sherman il registro del grottesco, che nasce dall'associazione tra il riso e lo spavento, ponendo l'accento sulle “deformità mostruose create dal capriccio della natura o dalla fantasia stravagante dell'artista”, di cui Alberti dice che erano in grado di “trasformare le zampe di un cavallo in fogliame, le gambe di un uomo nelle zampe di una gru”. 
Coi “Ritratti storici/ Antichi maestri”, riprende a posare al centro del quadro per incarnare i modelli immaginari della storia della pittura figurativa, in modo deliberatamente artificiale e caricaturale. E' ancora una commissione per dei medaglioni di porcellana che le dà l'idea del ritratto storico. La serie è composta da 35 immagini, di cui tre legate a dipinti specifici: il “Bacchino malato” del Caravaggio, la “Vergine di Melun” di Jean Fouquet, e la “Fornarina” di Raffaello. Queste evocazioni rinviano naturalmente anche alla storia della rappresentazione a cui la Sherman si riferisce. Dopo Goya, Bosch o Arcimboldo si possono citare anche i collage di Anna Hoech, i lavori dei Surrealisti, e ancora quelli di Ralph Eugene Meatyard.
Le “Sex Pictures” (1992) affrontano francamente il registro della pornografia. Trucchi e artifici sono ancora più evidenti che nelle serie precedenti, con l'uso di protesi anatomiche e bambole da sex-shop assemblate in maniera provocante e assurda. Sembra qui che la Sherman voglia rispondere ai dibattiti sull'oscenità e la censura, che riprendevano allora con forza negli Stati Uniti dopo l'esposizione delle opere di Jeff Koons con la pornostar Cicciolina, divenuta in seguito sua moglie. L'opera surrealista di Hans Bellmer trova qui una sorta di pendant surrealista, volutamente critico, all'opposto delle opere dell'artista tedesco che mostrano una sorta di teatralizzazione erotica dei suoi fantasmi. Si può anche far riferimento ai montaggi di Pierre Molinier, in cui l'artista metteva in scena se stesso in una evocazione esplicita del piacere, là dove Cindy Sherman gioca invece sulla distanza e sul senso di repulsione. In “Guerra Civile” il corpo è ridotto a frammenti di cadaveri in decomposizione sparsi al suolo. Le “Horror and Surrealist Pictures” (1994-1996), utilizzano ancora protesi e maschere al posto dei visi, mentre l'artista non appare sempre nell'immagine. Con questa serie l'artista inizia ad impiegare trucchi fotografici, come la doppia esposizione cara ai Surrealisti: questi ultimi, già presi di mira nel titolo vengono apertamente parodiati: il fantastico e il sesso perdono qui ogni potere di fascinazione e l'evocazione del piacere si cancella di fronte a quella del disgusto. Questa serie si apparenta a “Office Killer”, un lungometraggio del 1997 che racconta la vicenda di una giornalista che uccide i suoi colleghi e costruisce nel suo appartamento un quadro coi cadaveri. Con “Maschere” (1994-96), il viso dell'artista lascia il posto alle sembianze reificate e fisse di queste ultime. Maltrattata, mutilata e insanguinata la maschera non rinvia ad un ipotetico viso nascosto, ma diventa un oggetto autonomo, vivo, una sorta di pendant mostruoso dell'automa dell'“Uomo della sabbia” di Hoffmann, da cui Freud deriva la nozione di straniamento inquietante. La sparizione della presenza umana si conferma anche con “Broken Dolls” del 1999: le bambole, amputate e poste in pose oscene rinviano alla parte oscura e e pulsionale dell'infanzia che la società cerca di addomesticare rimuovendola o dominandola secondo i vari codici definiti dalle varie culture e dalle varie epoche. 
In “Holliwood/Hampton types” (2000-02), secondo l'artista “i personaggi avrebbero dovuto rappresentare attori mancati o dimenticati (segretarie, casalinghe o giardinieri nella vita reale) che posano per una foto che serva a rilanciare il loro lavoro”. Cercano di “vendersi” al loro meglio, e sembrano quasi implorare lo spettatore di assumerli. I costumi e gli accessori di “Hollywood types” parodizzano il gioco delle identità sociali, con gli stereotipi e le regole senza pietà che regolano la vita di noi comparse -o quello che rappresentano questi attori mancati. L'identità viene abbassata al livello di un ruolo d'attore, o all'immagine che prestiamo agli altri. Nella recente serie dei “Clowns” (2003-04), dove l'uso del digitale permette di realizzare fondi di colori vivaci e montaggi di numerosi personaggi, riassume e condensa, come sottolinea Regis Durand a catalogo, “la dimensione carnevalesca dell'opera di Cindy Sherman, e tutto quello che può avere di contraddittorio e di eccessivo”. Il volto di colui che spinge l'imitazione fino all'eccesso della catarsi, chiude la mostra. La scelta del clown costituisce per la Sherman un vero e proprio manifesto, come rileva Jean-Pierre Criqui in catalogo, citando Starobinski: questa scelta non è solo l'elezione di un motivo pittorico o poetico, ma un modo indiretto e parodistico di porre la questione dell'arte (Ritratto dell'artista come saltimbanco, Gallimard, 2004)

Trad.R.B.