THE WRESTLER

Marco Albanese

"For me, Pi, Requiem and The Fountain were really a trilogy. I kind of call it like my mind, body, spirit trilogy. Pi - being mind, Requiem - being body and The Fountain - being spirit.
But if Madonna taught us anything, it’s that you’ve got to reinvent yourself.
And I really believe that.”

Darren Aronofsky, 2008

Darren Aronofsky ritorna in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, con The Wrestler, due anni dopo il controverso The Fountain – L'albero della vita, una riflessione metafisica sulla malattia e sulla morte, che univa due giovani amanti tra passato, presente e futuro.
The Fountain era sembrato allora un passo falso, una sfida troppo ambiziosa e troppo ingenuamente audace; diversa anche al registro frenetico e disturbante di Requiem for a Dream, la sua celebrata opera seconda, che gli aveva garantito un vasto consenso critico.
Il suo nuovo film, dedicato ad un'icona del wrestling anni '80, presentato l'ultimo giorno del concorso ufficiale, ha invece convinto tutti, vincendo il Leone d'Oro.
Eppure The Wrestler è contemporaneamente un passo avanti e una brusca inversione di rotta, rispetto al percorso autoriale di Aronofsky.

Randy 'The Ram' Robinson

Il regista mette in scena, con soli 7 milioni di dollari e la produzione dei francesi di Wild Bunch, la storia di Robin Ramzinski, in arte Randy 'The Ram' Robinson, rinunciando quasi del tutto al suo stile prodigioso e barocco, fatto di allucinazioni visive, rallenti, accelerazioni, colori sgargianti, per dedicarsi ad un pedinamento del suo protagonista, ripreso molto spesso di spalle nelle scena fuori dal ring, mutuando il realismo dei film americani della new hollywood, se non quello dei fratelli Dardenne.
Il regista ha affidato alla camera a mano di Maryse Alberti, esperta documentarista, il compito di seguire il suo protagonista, concedendogli la massima libertà d'azione e d'improvvisazione.
La storia, scritta da Robert Siegel ed ispirata, in egual misura, alla vita del leggendario wrestler Bruno Sammartino ed alla presenza scenica di Hulk Hogan, non ha elementi di particolare originalità e ripercorre la classica parabola del campione a fine carriera, incapace di una vita fuori dal ring, abbandonato quasi da tutti e costretto a rincorrere i fantasmi di un passato glorioso e sconsiderato.
Eppure Aronofky ed il suo sceneggiatore camminano sul filo sottile del clichè narrativo, mantenendo sempre un equilibrio perfetto tra il realismo crudo dei combattimenti di provincia, la malinconica dolcezza nei rapporti con la spogliarellista Cassidy e la figlia Stephanie ed alcuni momenti di sincera ironia, quando Robin si trova costretto dietro al bancone di un market.

Cassidy

Il wrestler del titolo è Randy 'The Ram' Robinson: famosissimo negli anni '80, vent'anni dopo è ancora sul ring, in una forma invidiabile, che combatte per pochi dollari nelle palestre di provincia, sempre amatissimo dal pubblico e dai ragazzini.
Ma la vita deve essere stata difficile per Randy, negli ultimi tempi: quando ritorna a casa, dopo l'ennesimo incontro, si avvia con un vecchio van in un triste trailer park del New Jersey, trovando la porta sbarrata dal proprietario, che rivendica l'affitto non saldato.
Aronofky segue il suo protagonista, mostrandoci il suo corpo ancora statuario, i suoi lunghi capelli biondi, ma anche la sua solitudine.
Costretto a dormire nel furgone che usa per spostarsi, i suoi scarsi guadagni li “investe” negli spettacoli della spogliarellista Cassidy, con cui vorrebbe tentare di instaurare una relazione meno effimera.
Randy durante la settimana lavora in un market, scaricando le casse dei generi alimentari e continua la sua routine fatta di incontri di secondo piano nel weekend, fino a quando, dopo un match particolarmente cruento, il suo cuore non regge più, colpito da un infarto.
Si salva grazie ad un bypass, ma dovrà dire addio al ring.
Aiutato da Cassidy, che pure è riluttante ad ogni coinvolgimento con un cliente, Randy cercherà inutilmente di ricucire il proprio rapporto con la figlia Stephanie, abbandonata da molti anni: Aronofsky ed il suo sceneggiatore, evitano con intelligenza di raccontarci il passato di Randy, eludendo ogni inutile spiegazione.
In una scena straordinaria, ambientata in un centro congressi di periferia, 'The Ram' e altri ex-lottatori, firmano autografi, vendono vecchie videocassette e scattano foto per pochi dollari: lui è l'unico ancora in forma, in mezzo a colleghi precocemente invecchiati, costretti sulla sedia a rotelle o col catetere.
Mentre è al lavoro, al bancone del market, il campione deve sopportare le richieste più assurde di clienti sempre impazienti, finendo per mandare al diavolo tutti e licenziarsi.
Intanto Cassidy sfugge i suoi goffi tentativi di costruire una relazione solida e la figlia Stephanie sperimenta i suoi ritardi intollerabili e le sue continue amnesie.
La malinconia struggente di un tempo glorioso spinge 'The Ram' di nuovo verso l'abisso: l'unico posto dove nessuno riesce a batterlo rimane il ring, su cui si rifugia un'ultima volta, nel ventesimo anniversario del suo match più famoso, contro un wrestler chiamato l'Ayatollah.
Solo lì, tra il calore del pubblico, che ancora lo adora, e nello scontro fisico coreografato, ma non per questo meno cruento, Randy è ancora 'The Ram'.
E' ancora il campione che si erge sulle corde, a braccia larghe, per spiccare un ultimo volo.
A bordo ring però non c'è nessuno: non la figlia, che non vuole sapere più nulla di lui, non Cassidy, che scappa, incapace di comprendere la forza ed il coraggio suicida di quell'ultimo straordinario incontro.

Robin Ramzinski

The Wrestler è Mickey Rourke.
Raramente la scelta di un attore è stata così perfetta: con un look che richiama Axel Rose, la cui voce risuona in Sweet child of mine, Rourke, physically imposing at 52... is simply staggering as Ram. [1]
L'attore - lanciato da Coppola negli anni '80, diventato un'icona con Nove settimane e mezzo e poi sprofondato in un oblio autodistruttivo, fatto di boxe professionistica, alcool e chirurgia plastica, che hanno stravolto il suo volto ed il suo fisico - incarna 'The Ram' con una sensibilità ed una presenza scenica miracolose.
Il personaggio, originariamente offerto a Nicholas Cage, per ragioni produttive, è invece perfetto per Rourke, che, in fondo, ha vissuto una parabola artistica simile a quella di Randy.
Guardando il suo volto tumefatto e alterato, eppure ancora straordinariamente espressivo, non si può fare a meno di rimpiangere il modo dissennato con cui ha condotto la sua carriera.
Chi lo ricorda Motorcycle boy in Rusty il selvaggio o Stanley White ne L'anno del dragone, ritroverà la stessa malinconica grandezza di allora, negli occhi di 'The Ram'.
Già in Sin city, Rourke, coperto da un make up pesantissimo, rubava la scena a tutti, eppure pochi se n'erano accorti.
Nel corso degli anni si è adattato a mortificare il proprio talento in piccoli ruoli, apparizioni speciali, brevi comparsate,  in cui era difficile intuire la sua passata grandezza: qui, coadiuvato da una sempre magnifica Marisa Tomei e da una bravissima Evan Rachel Wood, la sua interpretazione è indimenticabile, per generosità e misura.
The Ram might be the ultimate loser, but Rourke scores a winning tour de force. [2]
The Wrestler è un viaggio sul martoriato, ma possente corpo-paesaggio del pratagonista [3]: Aronofsky non lo abbandona mai per un momento, gli sta accanto, spesso alle spalle, regalandogli l'illusione di poter sognare altri ingressi trionfali nell'arena.
E regalando al pubblico l'opportunità di un viaggio nel mondo freddo e coraggioso dei suoi personaggi, senza il manierismo 'arty' dei sui primi film, ma con la chiarezza e la semplicità di un racconto di Hemingway, sull'impossibilità di combattere la propria natura.
Ed in fondo, attraverso la caduta improvvisa e il frustrante tentativo di riscatto di Randy, Aronofsky ci racconta, ancora una volta, il malinconico e ineluttabile avvicinamento alla morte.

 

Note

[1] Todd McCarthy, Variety, 4.9.2008

[2] Stephen Farber, The Hollywood Reporter, 4.9.2008

[3] Luigi Nepi, www.drammaturgia.it, 7.9.2008