L’eroe come paradigma dell’azione umana. Le rappresentazioni narrative da Achille a Drogo come prototipi psicologici.

Cristina Zanette, Claudio Fasola

Introduzione

L’uomo e l’eroe secondo la prospettiva moderna e post moderna

All’interno del mondo della psicologia si è assistito a una radicale frattura epistemologica tra chi assimila le scienze psicologiche alle scienze della natura, ancorandole ai principi di identità e di non contraddizione, e chi, rinunciando ai vantaggi euristici di descrizione-conoscenza che tale riferimento paradigmatico offre, ritiene più pertinente nello studio dell’uomo l’utilizzo di forme sintagmatiche di pensiero, che perseguino modalità pragmatiche di conoscenza (Salvini, 2005; Fasola, 2005). La prima posizione appartiene alla tradizione moderna-empirista, erede del positivismo psicologico, la seconda alla tradizione costruttivista-pragmatica, per la quale gli enti psicologici da entità reali sono diventati costrutti socialmente costruiti.
L’uomo può essere considerato secondo la prospettiva modernista in termini assoluti, astratti e decontestualizzati come ontologicamente determinato da caratteri universali portatori di istanze valoriali che assumono di per sé valore oggettivo [1]. Si tratta di un approccio nomotetico e meccanicistico che vede ogni azione, pensiero ed emozione umana determinata da fattori biologici da un lato e da stimoli ambientali, secondo la linea stimolo-risposta, dall’altro. In psicologia la tradizione modernista si sviluppa lungo teorie quali Psicoanalisi, Comportamentismo, Cognitivismo Razionalista, Psicobiologia Riduzionista e Neuroscienze che intendono sviluppare leggi universali in grado di predire e di spiegare in termini causalistici e deterministici ogni aspetto della vita umana, indipendentemente dalla varietà dei casi individuali concreti (Fasola, Inghilleri, 2008). Partendo da assunti mecanomorfici la psicologia clinica modernista considera ogni fatto psichico come reificabile, inseribile all’interno di una precisa tassonomia e categorizzabile in quanto evento naturale ed immutabile rispetto al fluire storico. Categorie quali normale - anormale, buono – cattivo, giusto – ingiusto, vero – non vero assumono valore assoluto al di sopra di ogni istanza soggettiva, storica e contestuale: ciò che non risponde alle previsioni logiche diviene ipso facto psicopatologico, non dunque espediente narrativo post hoc, ma spiegazione deterministica.
Il pensiero post modernista attento alla complessità e alle criticità della realtà pluralista assume, invece, un’immagine di uomo capace di creare attivamente le proprie rappresentazioni del mondo, attribuendo ad ogni artefatto sociale significati in funzione delle proprie intenzioni e delle proprie attese. Secondo l’orientamento antropomorfico compito della psicologia è la disamina degli eventi psichici in quanto dotati di una loro peculiarità, non riconducibili ad eventi naturali, che devono essere studiati secondo l’approccio storico-ermeneutico, proprio delle scienze umane e sociali. Di ogni azione o emozione non si ricercano determinanti interni o esterni, ma si vuole interpretare il significato in base al quale ogni soggetto agente organizza il proprio comportamento.
Sul piano narrativo letterario, qui utilizzato come espressione delle diverse modalità di leggere, interpretare, ma anche costruire il mondo, si ha uno spaccato delle vite possibili, ogni personaggio diviene una possibilità di azione, legittimazione sociale della scelta di azione e della sua interpretazione. La singolarità dell’eroe, in particolare, rappresentando l’uomo che incarna in misura piena e completa i valori positivi propri della società, genera i criteri stessi in base ai quali si definisce l’uomo, in base ai quali si dice chi e come appartenga a quella società, attraverso le sue imprese si definiscono e si legittimano i possibili teatri e i possibili repertori di azione.
Secondo la prospettiva modernista l’eroe sarebbe caratterizzabile da virtù ontologiche, certe e definibili in modo univoco e immutabile: Achille ed Ettore, eroi della guerra di Ilio narrata da Omero nell’Iliade, si dovrebbero considerare eroi oggi come lo furono nel secolo VIII a.C. Difficile, però, per la società contemporanea definire eroe un uomo che, crudele e spietato,

mali infiniti provocò agli Achei
e molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,
e i loro corpi fece preda dei cani
e di tutti gli uccelli
Il I, 2-5

Lo stesso Ettore, essere divino (Il IV, 211), ma anche uomo dal cuore tagliente (Il III, 60), è definito da Omero come massacratore (anzpofonoioV, anzronofoios), lontano quindi dai valori positivi incarnati oggi, ad esempio, da Bob Kennedy o da Martin Luther King.
La prospettiva post modernista, invece, vede nell’eroe l’uomo in grado di affrontare in modo pragmatico, adeguato cioè per la sua comunità, ogni situazione ed avversità e che perciò rappresenta la raffigurazione dell’uomo ideale, incarnazione massima dei valori della società stessa che lo definisce eroe.  Non stupisce che la sua immagine muti al mutare delle situazioni e dei tempi, ma, anzi, la stessa mutabilità aiuta a comprendere come nelle diverse società con il modificarsi del concetto di eroismo si trasformino le interpretazioni possibili del mondo. L’idea di eroe e quindi di uomo mutua il sistema valoriale della società all’interno del quale è nata: è il codice regolativo della società, legittimazione dei repertori di comportamento, è l’immagine che la società vuole dare di sé; nell’eroe si fondono autocoscienza e riconoscimento sociale; “il racconto delle gesta eroiche è dunque paradigma per l’azione umana presente e insieme strumento per la conoscenza del mondo” (Cerri, 2003, p.70).

L’ermeneutica e la letteratura

Ermeneuein [2] è quell’esporre che reca un annuncio, in quanto è in grado di ascoltare un messaggio. Ora l’interpretazione di ciò che è detto dai poeti si configura appunto come un esporre di tale natura.
Heiddeger, 1973

Fin dall’antichità classica si è posto il problema dell’interpretazione, dell’ermeneuein ermeneuein, di cosa accada, cioè, nella mente dell’uomo quando si legge un testo o si ascolta una frase. L’ermeneutica è venuta sviluppandosi in teoria del segno, di come l’uomo possa raggiungere nuove conoscenze attraverso i segni, e teoria del linguaggio, sul rapporto tra parola, pensiero e realtà. Tra il Sette e l’Ottocento l’ermeneutica si fa carico sia delle istanze della esegesi dei testi [3] sia della semiotica [4] e quindi dei sistemi di significazione e di comunicazione, configurandosi come metodo di studio della realtà intesa come evento [5], interpretabile solo nella sua mutabilità diacronica e diatopica. Nel Novecento, con Heidegger (1959) e Gadamer (1960) assume il senso di una analisi di come l’uomo sia nel mondo, di come lo conosca e lo interpreti.
L’arte da sempre si è posta come momento privilegiato di interpretazione che ogni società dà alla propria contingenza in quanto sa rappresentare in modo suggestivo la percezione della realtà, decifrando i nessi e i significati del  rapporto dell’uomo con essa (Pocock, 1988). Momento privilegiato in quanto l’arte non si prefigge di rappresentare secondo un perfetto isomorfismo le cose nella loro contingenza, il loro esserci, né ne ricerca la forma, il loro presupposto vero essere; non è neppure semplicemente sintesi di evento e forma in quanto “l’evento nella figura appare come forma e la forma si incarna nel tempo dell’evento”; l’artista fa accadere la forma, la “rappresenta per epifanie di figure” (Cacciari, 2007, pp. 24-25). L’arte non è specchio, ma creazione (Ferry, 1990); “è insieme contemplata e vissuta” (Diano, 1973, p.97).
In particolare i testi letterari esprimono, attraverso il modo in cui narrativamente sono stati messi in scena processi di significazione e di comunicazione, precise idee filosofiche o linguistiche su segno e comunicazione (Eco, 2007).  Parlare di letteratura diviene allora cercare la chiave di lettura del rapporto dell’uomo con il mondo, ma soprattutto del modo con cui egli costruisce la realtà: “ogni parola fa risuonare la totalità della lingua a cui appartiene e fa apparire la totalità della visione del mondo che di tale lingua è base” (Gadamer, 1960, p.933). La letteratura presenta differenti prospettive della struttura della realtà (Tuan, 1976); un viaggio attraverso i personaggi della letteratura è un viaggio attraverso l’immaginario collettivo [6], antropologico, psicologico e culturale, con cui ogni società ha voluto creare il proprio modello di mondo.
L’analisi dei testi è stata intesa come analisi delle diverse possibili risposte che ogni società considerava plausibili per l’uomo, risposte concretizzate in comportamenti e azioni, ma anche in interpretazioni degli accadimenti, nel senso delle teorie dato da Lyotard (1979) come narrazione occultata e quindi storia raccontata al mondo e non come spiegazione causalistica e deterministica della storia. I personaggi sono stati intesi come idee sul mondo, intendendosi ogni idea sul mondo risposta provvisoria a circostanze particolari e irriproducibili, la cui sopravvivenza non ha e non può avere il carattere di immutabilità, bensì di adattabilità (Menand, 2001).

Interazionismo simbolico e postmodernismo [7]

Cornice teorica di riferimento utilizzata per l’analisi dei testi letterari è l’Interazionismo simbolico [8] che condivide con teorie quali Costruzionismo sociale, Costruttivismo ed Approccio strategico una visione pluralista della realtà, sempre storicamente e culturalmente collocata: “non esiste una realtà a priori, essa appartiene alle medesime pratiche conoscitive utilizzate per la sua comprensione” (Fasola, Inghilleri, 2008)..
Lo stesso comportamento di un uomo, ogni sua azione non è vista come data da forze esterne o interne al soggetto che agisce, ma da una sua interpretazione cosciente e socialmente derivata (Salvini, 1981). "L'uomo non è dotato, come gli altri animali, di un corredo istintuale in grado di guidarlo nell'affrontare la realtà. Egli riesce a sopravvivere e a muoversi nel mondo soltanto grazie alla sua capacità di utilizzare simboli, di attribuire significato agli oggetti e di progettare le proprie azioni. Prima di reagire agli stimoli, l'individuo definisce la situazione in cui si trova; dialogando con se stesso egli l'interpreta e la valuta. Gioia, dispiacere tranquillità, timore non scaturiscono direttamente dalle circostanze, ma sono stati d'animo legati al fatto che siamo consapevoli di esse e vi attribuiamo significato" (Perrotta, 2005, p. 29).
Si è tentato di leggere alla luce della prospettiva interazionista alcuni passi della tradizione letteraria classica e moderna. Un medesimo episodio narrativo, infatti, proprio come un medesimo evento della vita quotidiana può essere interpretato in modi diversi a seconda della teoria di riferimento: il rimettersi in viaggio di Enea da Cartagine, dove si era trattenuto per amore di Didone, viene letto, secondo una interpretazione psicoanalitica, come affermazione del super-io che richiama al proprio dovere l’uomo, oppure, secondo i principi dell’Interazionismo, che sottolineano l’importanza della contingenza storico-sociale, come espressione del dover ubbidire nella società augustea, all’interno della quale è nata l’Eneide, agli ordini dell’imperatore al di là ed anche in opposizione ad ogni proprio interesse. Compito di Roma è conquistare il mondo, portandovi con la guerra la pace:

tu ricorda, o romano, di dominare le genti;
queste saranno le tue arti, stabilire norme alla pace,
risparmiare i sottomessi e debellare i superbi
Aen VI, 851-853
Inutile pregare:
cessa di sperare che i destini degli dei si pieghino pregando
Aen VI, 376

Roma vuole conquistare il mondo, il suo eroe deve porgergli la spada, deve farsi da uomo passionale e amante a civis-miles, a soldato al soldo dell’imperatore.
O ancora il banchetto dei pretendenti nella casa di Odisseo, che può essere letto in termini deterministici come coazione a ripetere dovuta alla psicologia autolesionista delle masse, per cui l’euforica vitalità si trasforma in sintomo di distruzione e di morte (Paduano 2008), ma che è leggibile anche, in termini storico ermeneutici, come scardinamento, voluto, ribadito e ostentato, dei valori politico sociali, ristabiliti poi dall’etico Odisseo; dopo la giusta punizione la ricomposizione e si potranno ristabilire in pace i patti sociali, base della comunità:

Già i pretendenti ha punito Odisseo luminoso (dios, dios),
dunque facciamo patti leali, e lui regni per sempre
Od II, XXIV, 482-483

Non semplice ristabilimento di un equilibrio iniziale, ma rinuncia da parte di Odisseo a un risarcimento materiale, che pure sarebbe stato legittimo, in virtù di un superiore fine della società greca, quella del benessere della società tutta; rientro quindi nel codice di comportamento accettato ed accettabile dalla società, nei suoi presupposti etici e assiologici.
Si sono volute rappresentare figure di eroi molto diversi tra loro, da Achille, eroe della forza e dell’orgoglio, Ulisse [9], eroe dei valori di patria e famiglia, Antigone e Clitemnestra [10], personaggi di eroismo tragico, a Drogo [11], eroe solo in una auto rappresentazione futura condivisa con i suoi commilitoni, per poter esprime la contingenza dell’essere eroe e uomo, la sua non riducibilità a canoni tassonomici deterministici.

Note

[1] Dal punto di vista epistemologico siamo all’interno di un realismo monista, secondo cui c’è un isomorfismo tra realtà e conoscenza, a prescindere dalle categorie utilizzate dal soggetto conoscente: anche le scienze naturali dovranno essere indagate con il metodo empirico – analitico proprio delle scienze naturali.  La prospettiva post moderna si muove invece all’interno di un realismo concettuale che postula che la realtà si configuri attraverso sistemi linguistici di pensiero e di azione collettivi, appresi ed elaborati attraverso l’esperienza individuale (Salvini, 1998; Fasola, 2005).

[2] Ermeneuein, dal greco ermeneuo, traduco, interpreto; spiego, esprimo, espongo

[3] Dal termine greco ἐξήγησις, exégesis, è in filologia l’interpretazione critica dei testi con particolare attenzione all’intentio auctoris, al recupero, cioè, del significato che si ritiene volesse comunicare l’autore con il testo.

[4] La semiotica, termine che deriva dal greco σημεῖον, semeion, segno, studia il rapporto tra segno e significato. Sviluppatasi lungo tutta la filosofia occidentale, dall’antichità classica con Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) fino all’empirismo inglese con Bacon (1562–1626) e Locke (1632-1704), trova sua prima definizione negli Elementi di semiologia (1964) di Roland Barthes (1915-1980). Inizialmente si ha una netta distinzione tra il termine semiotica, con cui si faceva riferimento alla prospettiva filosofica di Pierce (1839-1914), e il termine semiologia, con riguardo alla prospettiva linguistica risalente a de Saussure (1857-1913). Oggi si intende il termine nella prospettiva della ‘semiotica generale’ di Eco (1997), riflessione generale sul metodo, cui si contrappongono le diverse ‘semiotiche applicate’ (Eco, 1997), che trattano dell’applicazione del metodo semiotico ai diversi ambiti di ricerca. Sviluppo interessante della disciplina è la semiotica interpretativa di Eco (1962, 1979) che si sviluppa attorno al concetto di cooperazione interpretativa, secondo il quale un testo non ha valore in assenza di qualcuno che lo interpreti attraverso una serie di movimenti inferenziali tra le sue conoscenze e la superficie espressiva del testo..

[5] Il termine evento viene inteso nell’accezione definita da Diano (1973) di aliquid quod evenit hic et nunc cuique, di qualcosa che è accaduta in un preciso momento storico e in un preciso contesto (hic et nunc, qui ed ora) ed è accaduta a un qualche soggetto percipiente (cuique, a qualcuno) che abbia voluto interpretare quella cosa.

[6] Per il concetto di ‘immaginario collettivo’ si veda Morin 1956 e 1957, Le Goff 1985 e 1986.

[7] Il termine postmoderno viene usato per la prima volta da Howe (1959) e Levin (1960) in una accezione negativa per evidenziare l’esaurirsi delle forme espressive del modernismo. Negli anni Sessanta con Barth, Keruac, Antonioni il postmodernismo si configura come ribellione all’espressionismo astratto dell’ultimo modernismo, elistico e conservatore. Sarà Fiedler nel 1969 a dare al termine una valenza positiva, indicando con esso la nuova atmosfera culturale che andava eliminando le barriere tra arte elevata e arte di massa. Nel 1971 il critico americano Hassan  pubblica un articolo, POSTmodernISM: a Paracritical Bibliography, che viene considerato il punto di partenza del dibattito critico sulla cultura postmoderna.

[8] Corrente psicologica, ma anche filosofica e sociologica, trova le sue basi negli studi di William James (1890), Charles Cooley (1902), William Thomas (1909), John Dewy (1922) e più precisa formulazione in Gorge Mead (1934) e successivamente in Herbert Blumer (1969).
Blumer delinea le premesse che possono essere considerate alla base della teoria dell'Interazionismo simbolico: gli esseri umani si comportano verso le cose sulla base dei significati che le cose hanno per loro, significati che sono il prodotto dell'interazione sociale che avviene nella società umana e vengono modificati e manipolati attraverso un processo interpretativo messo in atto da ogni individuo quando entra in rapporto con i segni che incontra (Meltzer, Petras, Reynolds, 1975). Estendendo queste premesse (Salvini, 1980) si può sostenere che la persona è prodotto di un'interazione, che il sé è possibile solo per un essere che divenga oggetto di se stesso, caratteristica ottenibile solo nella società e per mezzo del linguaggio, che il comportamento umano non è predeterminato quanto costruito attraverso continui processi interattivi e che si apprende il simbolo significante quando si condivide con qualcun altro un segno che si riferisce ad una comune esperienza in atto (Zanellato, Fasola, Zanette, 2004).

[9] Cfr. box 2

[10] Cfr. box 3 e 4

[11] Cfr. box 5

 

Parte prima
Le narrazioni letterarie come espressione di un sistema valoriale                           
Ermeneutica, semiotica e linguistica nella prospettiva post moderna: testo e mondo                                                                                                                
Le realtà multiple e il linguaggio                                                                

Parte seconda: l’eroe nella letteratura
Premessa: gli eroi omerici                                                                                        
Achille, eroe della società della vergogna                                                               
Odisseo, eroe del ritorno                                                                                         
L’eroe tragico                                                                                                          
Il tenente Drogo, eroe della complessità

Conclusioni                                                                                           

Bibliografia