Il dibattito sociologico

Corrado Ocone

Il Mattino 10 Novembre 2002

La sociologia, in Italia, non gode di buona reputazione. Probabilmente per motivi connessi alla sua identificazione, presso l’opinione pubblica, con l’ideologia marxista. È potuto così accadere che un grande interprete del nostro tempo come il polacco Zygmunt Bauman, professore emerito all’Università di Leeds in Gran Bretagna, sia stato per molto tempo del tutto trascurato. È solo da qualche anno che le sue opere cominciano a essere tradotte, tanto che Bauman, pur avendo quasi ottant’anni, è spesso nel nostro paese per incontri e presentazioni.
L’altra sera, ad esempio, era a Roma, ad illustrare il suo pensiero in un seminario presso la casa editrice Laterza, che, fra l’altro, ha recentemente pubblicato un suo agile volume intitolato La modernità liquida. In effetti, ciò che a Bauman più colpisce è la transitorietà e la fugacità di ogni aspetto della nostra vita. Se un tempo si era sobri, parsimoniosi, tesi a costruire qualcosa che rimanesse, almeno per sé e i propri figli, oggi tutto è volutamente aleatorio e precario. C’è l’ansia per il nuovo, un’irrefrenabile voglia di cambiare tanto per cambiare: «La storia è priva di direzioni - dice il sociologo polacco - e la biografia priva di progetti». In qualche modo, sembra che l’etica del capitalismo, fondata sulla «distruzione creatrice», coincida con il modo di essere dell’umanità.
Al contrario di altri sociologi (Giddens, Beck, Fukuyama), Bauman dà un giudizio negativo di questo dato di fatto. La «società individualizzata», infatti, è una società di esseri anonimi e infelici. La globalizzazione va giudicata, pertanto, per le sue conseguenza sulle persone: sempre più anonime e sole. E sulla «solitudine del cittadino globale», ci suggerisce Bauman, il potere potrà edificarsi senza riscontrare resistenza: anzi forse con il consenso di masse sempre più manipolate e occultamente persuase (la tv e i new media sono, pertanto, un altro dei dèmoni di questo anziano e garbato professore polacco).
Non bisogna tuttavia credere che Bauman possa essere ridotto ad essere uno dei tanti «filosofi della crisi» o di «intellettuali apocalittici» di cui è pieno il nostro tempo, almeno a partire da Sartre e dall’esistenzialismo. Egli, infatti, sa bene che la realtà va descritta per chiaroscuri (anche se non perde mai occasione per ricordare che la sociologia non può non essere intrisa di giudizi di valore: una «sociologia neutrale» come quella che credeva di aver costruito Weber è solo una pia illusione). È la stessa esigenza di libertà che anima nel profondo l’uomo moderno, infatti, l’origine prima della sua insicurezza e della sua profonda inquietudine (ma non è forse questa, come credeva Nietzsche, una sfida e un’opportunità morale prima ancora che un nudo fatto?).
D’altronde, la sua passione per le contraddizione è nella sua stessa figura di intellettuale ebreo apolide, costretto a fuggire dalla Polonia in seguito all’invasione polacca nel 1939. In cerca della libertà, approdò nella Russia staliniana di cui capì subito il tradimento degli ideali di giustizia (sono da leggere, per capire anche il suo pensiero, le belle pagine dell’autobiografia intellettuale sotto forma di intervista appena uscita da Raffaello Cortina con il titolo Società, etica, politica, a cura di Keith Tester).
Lasciando comunque stare le idee un po’ conservatrici del nostro (seppure di un conservatorismo umanistico e socialista, come lui stesso dice), non si può non riconoscere perciò la profondità e anche il fascino del suo pensiero. Avevate mai pensato, ad esempio, che il nostro tempo potesse essere analizzato studiando i comportamenti e la mentalità del turista, inteso come un asettico «collezionista di sensazioni»? O, anche, attraverso la nostra ossessione per l’igiene e i rifiuti, per la fittness e lo zapping? Bauman è tutto questo, e perciò avvicinarsi al suo pensiero equivale senza dubbio ad aprirsi nuovi orizzonti e a tener presenti nuove prospettive.

(Il consiglio dell'Associazione Italiana di Psicologia e Sociologia Interattivo - Costruttivista, si rende disponibile alla rimozione del presente documento, qualora l'editore o l'autore considerino tale riproduzione lesiva dei loro diritti d'autore)

 


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