Zygmunt Bauman, nell'era global l'individuo riscopre il privato

Pietro Trivelli

Il Messaggero 12 Giugno 2002

Global? No, grazie. No global? Nemmeno. Meglio coltivare l'orticello della nostra aurea (pur se mediocre) privacy - o "individualità" - illudendoci di sguazzare nel migliore dei mondi possibili. Senza sficcanasare nella società che ci sta intorno. Ecco, in breve, un quadro del nostro tempo secondo il sociologo Zygmunt Bauman. Il quale ne deduce anche molte disfunzioni di quella che chiamiamo "post-modernità": apatia politica (tramontata l'epoca delle forti ideologie che predicavano "il personale è politico"), declino dell'uomo pubblico, ricerca affannosa di "comunità" ma a patto di non contaminare il nostro "particulare", culto disperato del corpo, paura dell'abbandono, scomparsa della ricerca di legami sociali.

Baumanè venuto a Roma, all'Istituto Luigi Sturzo, per una conferenza durante la quale ha presentato il suo ultimo saggio: La società individualizzata (il Mulino, 318 pagine, 16 euro). Professore emerito dell'università di Leeds, in Inghilterra, già autore di testi come La solitudine del cittadino globale, Zygmunt Bauman si considera più storico e sociologo della cultura che seguace della scienza sociale a tempo pieno.

Al concetto di progresso Bauman dedica un capitolo del suo saggio. E afferma che persino il progresso si è "privatizzato": "E' privatizzato nel senso che ci si aspetta che ogni uomo e ogni donna ricorrano, individualmente, alla propria intelligenza, alle proprie risorse e alla propria operosità per innalzarsi a una condizione più soddisfacente, lasciandosi alle spalle tutti gli aspetti sgradevoli della loro condizione presente". Il rischio, mentre apatia e sfiducia allontanano la gente dalla cosa pubblica, è allora quello di una (globale?) deresponsabilizzazione. "La questione più dolorosa e difficile dei nostri tempi tardomoderni o postmoderni - spiega ancora Bauman - non è "cosa fare" (affinché il mondo sia migliore o più felice) quanto piuttosto "chi lo farà"".

Ma come conciliare una società così "individualizzata" con la globalizzazione che tutto pervade, dal privato al pubblico? Bauman risponde: "La ricerca frenetica dell'identità non è un residuo di un'epoca preglobale; al contrario, è l'effetto collaterale e il sottoprodotto della combinazione delle pressioni globalizzatrici e individualizzatrici. Le guerre di identificazione non si contrappongono né ostacolano la tendenza globalizzatrice: sono la prole legittima della globalizzazione e, lungi dal frenarla, ne lubrificano i meccanismi".

 

(Il consiglio dell'Associazione Italiana di Psicologia e Sociologia Interattivo - Costruttivista, si rende disponibile alla rimozione del presente documento, qualora l'editore o l'autore considerino tale riproduzione lesiva dei loro diritti d'autore)


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