William James. Dalla critica alle posizioni positiviste all’assunzione del costrutto di pluralità

spunti da Filosofia di Sergio Moravia

Pochi pensatori hanno espresso con più chiarezza di James la crisi del modello razionalistico - positivistico della realtà e del sapere, nonché l’esigenza di delineare una nuova immagine del mondo e dell’uomo, criticando una idea di scienza il cui fine sembra divenuto quello “di raggiungere delle concezioni tanto adeguate ed esatte da non avere mai bisogno di mutarle”.  Egli si pose in una posizione polemica contro le “certezze” dello scentismo tardo-ottocentesco, gettando lo sguardo in dimensioni profonde, pre – categoriali dell’essere umano, criticando il fattualismo e il realismo, usando nozioni quali il punto di vista e la prospettiva che facevano riferimento ad un individuo dotato di specifici bisogni ed interessi, rilevabili nei processi cognitivi e pratici. Tali argomenti pongono James in una posizione di convergenza con Dilthey ed Husserl.
Rispetto all’interpretazione della realtà fisico - naturale il filosofo americano è profondamente contrario ad ogni concezione unitaria del reale. Il pluralismo della realtà è poi confermato dal fatto che il mondo non qualcosa di oggettivo, ma è ciò che ne vedono e ne fanno i diversi soggetti; le cose in sé non solo non hanno alcun senso, ma neanche alcuna forma autonoma. James fonda quindi il predicato di realtà non su caratteristiche oggettive, ma su esigenze di rilevanza conoscitiva. Anche la percezione viene intesa come una funzione attiva e costruttrice e non come una attività di registrazione.
Da queste premesse si apre anche la critica sulla pretesa kantiana di individuare un pensiero puro ed assoluto, egli scrive, anticipando Husserl, che il pensiero è sempre pensiero di qualcuno su qualcosa ed il suo operare è sempre connesso ad un interesse e ad un progetto.

La nozione di coscienza
La nozione centrale della psicologia jamesiana è quella di coscienza. Egli respinge una concezione atomistico - associazionistica e discontinua dei fenomeni di coscienza, rifiutando l’idea cardine della psicologia positivistica dell’epoca che era impegnata a dissezionare l’attività cosciente, disarticolandola in un numero indefinito di segmenti poi collegati con determinati meccanismi fisiologici. James al contrario era convinto che i fenomeni di coscienza debbano essere colti e analizzati come tali, nella loro irriducibile autonomia, allentandosi quindi da qualsiasi tipo di disegno riduzionista, inoltre tali fenomeni devono essere considerati in modo non statico, ma dinamico, non atomistico, ma organico – strutturale. La coscienza diviene non uno stato, ma un flusso.

Il Linguaggio
James sostiene che un linguaggio in sé, assoluto e neutrale, non esiste né può esistere, a secondo delle scelte operate esse può portare a trascurare differenze, a uniformare dati e a sostituire mere astrazioni ad atti o stati concreti. La razionalità e la sensatezza di una cosa vanno ricercate non necessariamente nella cosa stessa, ma piuttosto nelle modalità formali in cui la cosa viene espressa. Il linguaggio quindi oltre ad imporci un certo modo di dire le cose, ci impedisce con le sue lacune di dirne altre.

La scelta pragmatista
In un articolo del 1878, contro le teorie di Spencer, James inizia la propria critica verso una definizione della verità come statica corrispondenza speculare rispetto ai fatti e delineava una concezione del pensiero come attiva capacità teorico-pratica di ispirare nuovi stili di comportamento, nuovi rapporti con l’ambiente, intendendo le finalità della cononoscenza come pratico – esistenziali. Per James la conoscenza valida è quella “che ci aiuta a trattare sia praticamente che intellettualmente con la realtà […], che adatta la nostra vita all’intero impianto del reale, che si accorda in modo sufficiente per soddisfare le condizioni a cui può essere detta vera.

Il costrutto di verità nella prospettiva empirista radicale

Partendo dalla nozione di verità James ha assunto una posizione fortemente polemica nei confronti della tradizione razionalistica. Il razionalismo crede nell’esistenza di una verità oggettiva, corrispondente in modo univoco ed autoevidente a come sono i fatti, sostenendo di conseguenza l’esistenza di una verità indipendente che l’uomo si limita a scoprire. James al contrario considera la verità come una costruzione riferita ad un determinato contesto problematico e ancora a determinati interessi pratico-cognitivi. Si definisce quindi una idea strumentale della conoscenza. A un sapere ancora persuaso di potere e di dovere cogliere strutture assolute e principi universali, James contrappone un modello di scienza assai più agile e moderno secondo il quale “le teorie diventano strumenti” e non risposte definitive, le leggi vengono considerate non norme oggettive, ma “approssimazioni” da usare per riassumere “vecchi fatti”, e magari per “condurre a dei nuovi”; i nostri costrutti mentali sono definiti  essenzialmente come un linguaggio, una sorta di stenografia concettuale con cui organizzare le informazioni sulla natura nel modo più utile.