Margaret Mead, l’adolescenza e l’isola di Tau

Claudio Fasola

1. Introduzione
Nei primi anni 20 iniziarono gli studi della giovane ricercatrice Margaret Mead (1901-1979) che si focalizzarono principalmente sulla piccola isola di Tau all’interno dell’arcipelago di Manua appartenente al complesso delle isole samoane.

Ta‘ū

Lo studioso Franz Boas disse che la più grande rivoluzione apportata dalla Mead fu la sua capacità di identificarsi completamente con la gioventù samoana, dando origine con questa sua modalità di lavoro ad una nuova prospettiva per intraprendere analisi etnografiche ed antropologiche.

2. Una nuova prospettiva nella lettura del conflitto adolescenziale
Il risultato più evidente delle osservazioni compiute su questa società, fu l’individuazione della mancanza della “crisi adolescenziale” nel periodo puberale, crisi che gli studi occidentali facevano coincidere con una sorta di emergente biologico associato allo sviluppo puberale.
Mead trovò nella struttura sociale e nella matrice di significati condivisi dalla comunità le ragioni di questa situazione; l’aspetto più rilevante fu la natura estremamente flessibile e dinamica della società che pareva non dare spazio a possibili fratture di ordine generazionale.

Margaret Mead e due ragazze samoane, 1926 ca.

La crescita dei bambini è organizzata in termini molto diversi rispetto al mondo occidentale. I bimbi sono allattati fino ai 2 anni e per questo periodo vengono nutriti ogni volta che si presenta il suono del pianto, fino ai 5 anni vengono educati in modo molto semplice fra le mura domestiche, ma non dalla madre bensì da una ragazzina o da una sorella maggiore.
L’educazione non è rigida e basata sulla disciplina, “ogni ragazza viene disciplinata e socializzata attraverso la responsabilità di uno ancora più piccolo di lei”, anche i maschi fino ai 9 anni partecipano all’attività di accadimento dei piccoli, le ragazza invece fino agli 11 – 13 anni.
Dopo questa età, il periodo peggiore di un samoano, tiranneggiato dalle esigenze dei piccoli, è finito.
Fra i 15 e i 20 anni i samoani vivono il periodo più spensierato della loro vita e tentano di posporre il matrimonio, focalizzando le loro giornate sull’affinamento delle loro abilità lavorative (agricoltura, caccia, artigianato) e sulla ricerca di nuovi incontri (la frase Laititi A’ U usata di frequente in quel periodo indica che la ragazza è ancora troppo giovane per impegnarsi).
In questo periodo le differenze fra i sessi vengono accentuate e le danze rituali svolgono lo scopo di abbassare le soglie di timidezza e a favorire il corteggiamento.
A Samoa quindi, fra genitori e figli non esiste un legame esclusivo e specifico, tutti sono oggetto di cure affettuose che poi riversano a loro volta; i fratelli maggiori non vedono i nuovi figli come motivo di conflitto, ma come sollievo in quanto in breve tempo diventeranno a loro volta dei badanti lasciando libero il giovane dai suoi impegni. A Samoa si impara presto a non ragionare i termini di individualità, ma di gruppo.

Ta‘ū

3. Il mondo occidentale e l’arcipelago di Manua, due mondi a confronto
Un aspetto interessante notato dalla Mead è il ribaltamento della prospettiva occidentale che lega azioni e motivazioni. Per sintetizzare questo aspetto vale una brillante espressione della ricercatrice ”mentre in occidente vale la frase: si, lo amo, ma non saprai mai fino a che punto ci siamo spinti; a Samoa vale la regola: si, certo, sono stata con lui, ma non saprai mai se lo amo o lo odio.”.
A Samoa tutto il percorso della vita viene accettato in termini naturali, non esiste né una rigidità dogmatica né una istituzionale, secondo Mead in questa cultura non esistono scelte così disastrose quali quelle che si ponevano dinnanzi ad un giovane occidentale che sentiva che il servizio di dio richiedeva la rinuncia definitiva al mondo.
Il sesso a Samoa è considerato una cosa naturale e piacevole (come dargli torto…) e la libertà con cui si può indulgere ad esso è limitata da una sola considerazione, la condizione sociale.
Le ragazze dell’isola di Tau non hanno preferenze per riservare l’attività sessuale a rapporti di importanza ed esse non considerano neppure importanti dei rapporti perché producono delle soddisfazioni sessuali.In occidente, al contrario, l’incapacità di separare “l’impulso erotico” dall’”amore umano” è portatore fin dalla giovinezza di lacerazioni, patimenti ed inquietudini.
Nel mondo occidentale l’ignoranza per i fatti della vita, quali nascita, sesso, malattia e morte è sempre fonte di disagio e sofferenza. In questo arcipelago al contrario questi fatti appartengono alla quotidianità, ad esempio le autopsie nei confronti dei cadaveri sono aperte anche ai piccoli ed i fanciulli giocano e si divertano spiando i giovani che amoreggiano, ma l’aspetto più rilevante è il diverso atteggiamento emotivo che lega il mondo adulto a quello dei fanciulli.

4. Conclusioni
Mead porta a compimento il suo lavoro affermando come il modello samoano, capace nella sua semplicità di eliminare tensioni e conflitti, non può essere esportato in occidente, ma sostiene che una possibile soluzione sia di educare alla scelta le persone, rendendole consapevoli dei diversi punti di vista con cui si può guardare il mondo. E' necessario insegnare come pensare e non cosa pensare.
Concludendo si può affermare come la nostra civiltà è costituita da diversi, ma non educa al senso della diversità o meglio della pluralità.